Letteratura italiana

GUIDA ALL'APPRENDIMENTO DELLA NOSTRA LINGUA

IL LINGUAGGIO FIGURATO

 

 
 
 

INDICE

Introduzione
Concetti preliminari
Le lettere
Le sillabe
Le parole
Le parti del discorso
Elisione e troncamento
La punteggiatura
La proposizione
I complementi
Il periodo
Lo stile
Il linguaggio figurato
I linguaggi settoriali
 
Esercitazioni
 
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Il linguaggio figurato è una forma d'espressione tipica delle arti figurative (pittura, scultura) ma che è anche largamente impiegato nell'uso della lingua a tutti i livelli, cioè da parte di chi parla o scrive alla buona e da parte di scrittori di talento.
Esso consiste nell'usare accorgimenti tecnici nella costruzione della proposizione o espressioni linguistiche improprie dal punto di vista della grammatica o immagini che solo per analogia sono riconducibili al fatto o al soggetto di cui si parla o si scrive.
Questo si fa per dare vivacità e colore e sapore al discorso ,e vale sia per commuovere che per rallegrare, sia quando si vuol fare dell'ironia che quando si vuol discutere seriamente ma con una certa incisività, sia quando si vuole esasperare la drammaticità di un avvenimento che quando si vuole portarne all'estremo la comicità.
L'uso del linguaggio figurato è facoltà istintiva nell'uomo ed è in stretto rapporto con l'estro, il talento, il gusto di chi parla o scrive. Tutti l'adoperiamo, con maggiore o minore spontaneità, con signorilità o con volgarità. Per esempio se tu, per scherzo o per profondo convincimento (dipende da lui!), apostrofi un amico con questa espressione: «Ma va', che sei proprio uno stronzo!», praticamente stai usando il linguaggio figurato per il semplice fatto che una persona, con tutta la buona volontà, non potrebbe mai essere un "escremento a forma di cilindro" (secondo la definizione del Dizionario di Devoto-Oli). Tu forse non lo sai, ma in effetti hai adoperato una metafora (in quanto attribuisci all'amico la squallida e ributtante qualità degli escrementi) mista di ironia o sarcasmo (a seconda che tu abbia detto quell'espressione per scherzo o seriamente).
Questi modi di dire in cui si trasporta da un significato ad un altro un'espressione o una singola parola, si dicono Traslati. Oltre a quelli già menzionati (metafora, ironia, sarcasmo), ricorda questi pochi altri, non tanto perché tu possa usarli (in quanto li hai sempre usati), ma perché essi ricorrono frequentemente nel parlare quotidiano proprio come vocaboli («Montanelli ha fatto sfoggio di "eufemismi" nel commentare le ultime iniziative del governo») ed è perciò bene che tu li conosca:

l'allegoria si ha quando si attribuisce un significato diverso da quello letterale ad un intero racconto (per es. una parabola del Vangelo, una favola di Fedro) o ad un'unica immagine (per es. la "lupa" del 1° canto dell' "Inferno" che in effetti rappresenta l'avarizia);

l'antonomasia si ha quando si cita un personaggio illustre non col suo nome ma con un altro che lo individua facilmente (per es. dicendo "Il Sacro Vate" per dire Dante o "Il segretario fiorentino" per dire Machiavelli);

l'eufemismo si ha quando si evita di usare il vocabolo proprio per indicare un fatto doloroso (per es. quando si dice che "uno è passato a miglior vita" invece di dire più semplicemente, ma più crudamente, che è morto);

l'iperbole si ha quando si esagera una circostanza per polemica o per rimprovero o per millanteria ("Ti sto aspettando da un secolo" per rinfacciare ad un amico il ritardo con cui si è presentato all'appuntamento; oppure, per fare il gradasso: "Al mare le ragazze mi venivano dietro a migliaia").

P.S.: E' bello e a volte conveniente usare il linguaggio figurato, purché ciò si faccia con garbo e con misura, evitando le ossessive ripetizioni, le banalità, le trivialità. Perciò, attento a come parli!

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